3 documentari che parlano di tipografia e di caratteri tipografici

Diamo uno sguardo al mondo del design grafico e della tipografia attraverso la macchina da presa di documentaristi e registi che negli ultimi anni hanno firmato pellicole apprezzate ben oltre la ristretta cerchia degli addetti ai lavori.

 

Helvetica

Si tratta del primo capitolo di una trilogia dedicata al mondo del design. L’ambizione del regista, Gary Hustwit, era quella di presentare al grande pubblico genesi, storia e impatto culturale, psicologico ed estetico dell’Helvetica, un carattere tipografico col quale milioni di noi, in tutto il mondo, hanno a che fare ogni giorno: nella grafica su carta e su web, nella segnaletica urbana, nei loghi di brand celeberrimi come Jeep, The North Face, Toyota e Microsoft.

Uscito nel 2007 in occasione del 50° anniversario della creazione dell’omonimo font, “Helvetica” parla proprio del più diffuso e più conosciuto carattere tipografico. Oltre a raccontarcene la storia, la pellicola documenta un appassionato confronto coi progettisti della comunicazione circa il loro lavoro, i processi creativi e le scelte estetiche dietro l’utilizzo di un font piuttosto che di un altro.

Creato nel 1957 da un’idea di Max Miedinger per la fonderia svizzera Haas, il font che oggi tutti conosciamo come Helvetica portò dapprima il nome di Neue Haas Grotesk. Nel 1984 è stato incluso nei font di sistema del Macintosh, assicurandosi lunga vita anche nella grafica digitale.

“Helvetica” è un documentario indipendente, prodotto e diretto da Gary Hustwit, che ha saputo parlare a un pubblico piuttosto ampio, riscuotendo un buon successo. Tanto che lo stesso regista ha poi proseguito la sua indagine sul mondo del design con altre due perle documentaristiche: “Objectified” e “Urbanized”. Il primo documenta la complessa relazione con gli oggetti fabbricati e, per estensione, con le persone che li progettano. Ideandolo, Gary Hustwit si è chiesto: cosa possiamo imparare su chi siamo e chi vogliamo essere dagli oggetti di cui ci circondiamo? Urbanized” è invece un documentario incentrato sulla progettazione delle città: sui problemi e sulle strategie alla base della progettazione urbana che alcuni dei principali architetti, pianificatori, responsabili delle politiche, costruttori e pensatori del mondo devono affrontare per darci aree urbane più vivibili, più belle e più sostenibili.

 

Il fiume ha sempre ragione

È il titolo di un documentario che il regista Silvio Soldini (noto al grande pubblico per la commedia “Pane e tulipani”, premiata col David di Donatello nel 2000) ha presentato nel 2016 al Biografilm Festival di Bologna, aggiudicandosi il Premio del Pubblico. Si tratta di un poetico documentario sul mondo della tipografia e del restauro, attraverso il quale il regista ci racconta il mondo di due artigiani-artisti, Alberto Casiraghi e Josef Weiss. Il primo, editore, aforista e illustratore brianzolo, stampa preziosi libricini di poesie e di aforismi con una macchina a caratteri mobili; il secondo è un grafico e restauratore di libri antichi che vive in Canton Ticino.

"Sono entrato in punta di piedi – ha dichiarato Soldini – e mi sono messo in un angolo a osservarli, a cercare di capire, per arrivare a cogliere la poesia dei loro gesti. Il fascino per il loro lavoro e per il modo in cui lo affrontano è stata la molla iniziale, ma solo adeguandomi al loro ritmo ho capito la forza del loro rapporto con la vita, che li fa essere personaggi straordinari, nella loro apparentemente umile e profonda umanità”.

Il regista milanese segue la quotidianità dei due poeti della tipografia in silenzio. Osserva la cura con cui Josef piega carta e cartoncino per riaccomodare un libro, taglia e cuce la carta e calibra i colori per la stampa. È un racconto fatto di dettagli, che compone un’elegia della manualità, nella quale la tipografia assurge a forma d'arte. Il documentario riesce a riconciliare il singolo carattere tipografico alla propria storia, che risale all'invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Gutenberg (di cui abbiamo già parlato qui). L'attenzione per il carattere diventa cura per la posizione delle singole sillabe, e poi delle singole parole che, proprio come nella poesia, non è mai casuale ma costituisce la base dell'atto artistico-creativo.

Il documentario alterna in modo fluido e complementare sequenze riprese nelle botteghe dei due tipografi, strutturandosi così come il piegarsi e ripiegarsi di un foglio di carta, che mostra prima un lato (il recto) e poi l’altro (il verso). Notevole anche la colonna sonora, attenta ai micro rumori ambientali, ai fruscii dei polpastrelli che scorrono sulla carta e allo sferragliare della macchina da stampa.

 

Jonathan Hoefler: Design di caratteri tipografici

Il documentario (lungo poco più di 40 minuti) fa parte della seconda stagione di “Abstract: The Art of Design”, disponibile su Netflix. Creata dall’ex direttore di “Wired Usa”, Scott Dadich, la serie “Abstract” si focalizza su una serie di discipline legate al design, ogni volta prendendo a protagonista un grande professionista del settore.

Nell’ultima puntata della seconda stagione si parla di design tipografico insieme a Jonathan Hoefler, fondatore dell’omonima fonderia digitale. Oltre all’intervista, il documentario contiene alcune brevi lezioni sui fondamentali del font design, la prima delle quali ci dà un’infarinatura su uno degli strumenti più affascinanti a disposizione di un type designer: l’illusione. «Disegnare caratteri è un inganno», spiega Hoefler, dandocene la dimostrazione visiva. «Anche un obiettivo semplice come fare tutte le lettere delle stesse dimensioni non è facile. Per far sembrare che le lettere C e T siano alte uguali, la C deve essere più alta».

Jonathan Hoefler (nato nel 1970 a New York) afferma che, crescendo, è stato il testo in Gill Sans (un font creato nel 1928 da Eric Gill) usato per le scatole di crema pasticcera a portarlo al design tipografico. In gran parte autodidatta, nel 1989 ha fondato, giovanissimo, la Hoefler Type Foundry. Hoefler ha progettato caratteri tipografici per varie riviste, come Rolling Stone, Harper's Bazaar, The New York Times, Sports Illustrated ed Esquire, e per istituzioni come il Solomon R. Guggenheim Museum. Il suo lavoro più noto è forse la famiglia di caratteri tipografici Hoefler Text, progettata per Apple Computer, ora parte del sistema operativo Macintosh.